-CLAXON-

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microwaves, la rubrica di musica

domenica 21 dicembre 2008

Omero and the Bad Seeds

Omero and the Bad Seeds
L'Odissea nel roccherolle


Non mi dilungherò a iniziarvi alla figura di Nick Cave, vi basti sapere che iniziò a fare punk-rock noise paranoide negli anni '80 con i Birthday Party nella natia Australia. Insieme a Blixa Bargeld (fra le menti dei maestri del noise tedesco Einsturzende Neubauten) formò i Bad Seeds, con i quali proseguirà il genere, fino ad arrivare al 1990 con The Good Son dove il suono si fa sinfonico mentre il concetto rimane apocalittico e fatalista. Cave, grosso tossicodipendente, si cura e passa gli anni '90 fra ballate di pianoforte e un rock tutto sommato più canonico ma mai lindo. Cave e i Bad Seeds si reinterpretano gloriosamente nel film di Wim Wenders Il cielo sopra Berlino, nel periodo di From Her to Eternity. Brano al confronto del quale il doppio album Abattoir Blues/The Lyre of Orpheus del 2004 riesce una camomilla. Tre anni dopo Nick si fa crescere due baffi francamente imbarazzanti e insieme a Warren Ellis (il violin-ex-machina dei Dirty Three...ma quante ce ne sarebbero da dire!) si dà a un punk più libero e brainless (cf. No Pussy Blues), sotto il nome di Grinderman. Infine, questa primavera, con tutti i Bad Seeds fa uscire -sempre coi baffi- Dig!!!, Lazarus, Dig!!!, una raccolta di rock asciutti pieni di rumori con un paio di canzoni veramente valide: l'ultima traccia è quella di oggi, More News From Nowhere, canzone che dura 7.58 poco densi e piuttosto uguali fra loro.



Un eco di chitarra distorta si fa sentire lontano dall'inizio , a memoria di che cosa si stia cercando. Il cantato è nel pieno stile dell'ultimo Cave, versi a metà delle battute, come fossero costantemente interpretati da un attore sulla scena -non a caso Cave ha sempre avuto molto di teatrale in quasi tutti i suoi aspetti, nella retorica delle canzoni come nella sua figura di nuovo vero poeta maledetto- ma senza sfociare mai nel parlato, quindi senza mai abbandonare il filo della melodia.
More News from Nowhere è un canto di smarrimento e disagio regolarizzato, o per meglio dire, di una persona qualunque innalzata più o meno suo malgrado allo status di poeta per il fatto che si trova spaesato e in incommensurabile disagio nel mondo attorno. Non un ribelle romantico, non un anarchico punk, neanche una requisitoria da cantante folk à-la-Dylan, quasi più il Thom Yorke di No Surprises, ma con molta più vitalità e ironia. Potremmo dire un Odisseo che non si prende sul serio neanche per un momento, anzi, si ride un po' dietro da solo: alla mia età, ancora in giro a fare queste cose!
E non abbiamo parlato di Odisseo immotivatamente perché si dà il caso che More News From Nowhere sia infarcita di riferimenti piuttosto diretti all'Odissea e ad alcuni degli episodi più famosi di essa. Analizzeremo il più brevemente possibile le parole con particolare attenzione ai punti paralleli con l'opera di Omero.
Dopo una breve intro, la scena si apre con le scene di un party apocalittico dove la voce narrante inizia col vedere i suoi amici “in high places” e non sa cosa è cosa e chi è chi, “they've stolen each other's faces”. Questo non è un riferimento particolaei, se non uno dei sintomi dello smarrimento generale che impera kafkianamente per tutto il brano o, forzando un po', può rappresentare lo scarso feeling fra Odisseo e i suoi compagni che durante il poema ha causato più di un problema; dunque possiamo quasi dire che parliamo di Nick Cave senza i Bad Seeds!
Appare subito Janet, piena di piume di cuscino, conosciuta per “make dead groan/ in any kind of weather”. Cave striscia fino a lei e prova a impezzarla con una frase molto musicale come “you are the one/you are the sun/ and I'm your dutiful planet” che può suonare tanto intrigante quanto ridicola: difatti va male, perché con Janet questo tipo di cose non attacca, cause she has heard that shit before. Con una teatrale coblas capfinidas, dopo il ritornello che per ora tralasciamo, entra in scena Betty X, che “è uguale a Betty Y meno quel cromosoma fatale”. Ora, se Betty X è una donna avrà cromosomi XX, mentre Betty Y avrà XY e ciò significa che è un maschio. Meglio fermarsi a ciò che ci viene detto esplicitamente e lasciare a ognuno l'interpretazione. I capelli di Betty X sono come “the wine dark sea in which sailors come home”. Cave ci prova ancora, nel senso migliore del termine, “mi piego vicino alla sua gola:
<>”. Ma Betty non ci sta e ribadisce il fatto che la luce appartenga a lei, al che Cave respinto per la seconda volta viene travolto dal vento che soffiava nelle sue parole e rotola via per la stanza. Eccoci al primo riferimento! E' noto il passaggio del libro IX in cui Odisseo arriva all’isola Eolia, dove il re dei venti Eolo gli regala un otre in cui racchiude tutti i venti negativi e concede una brezza favorevole al ritorno. Purtroppo i compagni di Odisseo credono che si nasconda un tesoro e lo aprono scatenando una tempesta. Qui il parallelismo è decisamente vago, ma è un'ottima occasione per mettere in chiaro che questa canzone non è organica né sistematica rispetto all'Odissea. Si tratta di una canzone rock, non scordiamocelo. Tuttavia di seguito giunge il pezzo più fedele al poema e, credo, più divertente delle canzone. Cave vede questo tizio alto circa 100 piedi con un occhio solo che gli chiede l'autografo, al che il furbo Nick si firma “Nessuno”, si avvolge in un mantello di lana e lo accieca con la sua penna. L'episodio omerico è forse fra i più noti: sempre nel libro IX Odisseo e compagni sbarcano nella terra dei Ciclopi, dove vengono catturati in un antro da Polifemo, che divora un paio di compagni e comincia a parlare con Odisseo che dice di chiamarsi Nessuno (stratagemma che gli tornerà utile quando Polifemo chiedendo aiuto agli altri ciclopi griderà “Nessuno mi fa del male” verrà per questo deriso e lasciato al suo destino). Riuscirà a farlo ubriacare e ad accecarlo con un ramo infuocato e si salverà aggrappandosi al ventre di un ariete .
Nick comincia a sentirsi disturba', come diceva Renato Carosone, perché qualcuno deve aver messo qualcosa nel suo drink: tutti sembrano strani e “metà della persone si è trasformata in maiali che strillano e l'altra metà sta cucinando”. La prima parte cita senza dubbio al sortilegio compiuto dalla maga Circe che è invertito cronologicamente rispetto al secondo riferimento: la tempesta causata dall'apertura dell'otre dei venti aveva spedito la compagine greca nella terra dei Lestregoniani, giganti mangiatori uomini. Odisseo rimarrà poi un anno sull'isola di Eea a convivere con Circe: non esattamente “let me out of here”...
“And I saw Miss Polly singing with some girls/ I cried ” Le sirene che attirano promettendo conoscenza col loro canto hanno qui le sembianze di una certa Miss Polly, che, guardando il video della canzone si scoprirà essere la cantante Peaches Gedolf; Nick, da bravo, si fa legare all'albero maestro per ascoltare essendo costretto a resistere.
Per brevità tralasciamo le serate del nostro eroe insieme a una nuda “principessa nubiana” con cui, eufemisticamente, tracciò “la carta del movimento dei pianeti”; di seguito però dice che rimase “between her legs” per 7 anni, lo stesso tempo per cui Odisseo è stato ospite della ninfa Calipso sull'isola di Ogigia, bramando disperatamente il ritorno (“pining for my wife”) e, analogamente, si ritrova zuppo su una spiaggia: Odisseo verrà trovato da Nausicaa, mentre Cave trova tal Elena e i suoi occhi neri. Elena “si è fatta una trasfusione/ si è riempita di sangue di panda/ per evitare tutta la confusione”. Poiché poco dopo si parla di “psychotropic leaves“ il riferimento (in negativo) alla droga è sicuro.
Iactatus come Enea -si perdoni il flash latino- ha la visione di Deanna, che addita come causa degli orrori che gli sono capitati, ma di cui pare che non possa fare a meno, almeno da un punto di vista affettivo, dato che “mi strofino la faccia nel suo vestito/ molto dopo che se n’è andata”. L'ultima strofa cambia decisamente tono ed esplicita il messaggio concettuale della canzone: “And don't it make you feel so sad/ Don't the blood rush to your feet/ To think that everything you do today/ Tomorrow is obsolete/ Technology and women/ And little children too/ Don't it make you feel blue?”. Papale papale, è un mugugno allegro di disorientamento e disagio ammesso ma non concesso. Papale papale, è un mugugno allegro di disorientamento e disagio ammesso ma non concesso. Avevamo lasciato indietro fin ad adesso il ritornello, che credo faccia più effetto posto alla fine: “and don’t make you feel alone
Don't it make you wanna get right back home?”
E quali sarebbero queste “notizie provenienti da nessuna-parte”? Probabilmente è sempre questo circo di cazzate e showbusiness in cui Nick Cave si è trovato cinquantenne e naufrago.
Sempre ridendosela sotto I baffi, però.
Filippo Batisti
(un ringraziamento sentito alle prof Frascaroli e Cervellati!)

venerdì 21 novembre 2008

Campagna, southern women, politics, aria

Out of time è l'album che ha portato al successo intercontinentale un quartetto di contadin/nerd/visionari/profetineldeserto della Georgia, fra Florida e Louisiana, conosciutisi in una città che, come forse desideravano gli scarsamente fantasiosi padri fondatori secoli prima, era luogo di università e poco altro: Athens.

Nel 1988 gli R.E.M. dopo il loro quinto album per l'etichetta indipendente IRS (stesso acronimo dell'agenzia del Fisco americana), Document, firmano un grasso e sgocciolante contratto per la Warner: badilate di dineri in cambio di 5 album. Il primo è Green, a cui segue un tour più di un anno. Nel 1991 esce Out of Time, che vende vagonate di copie, grazie soprattutto alla canzone più universalmente famosa e che ancora li insegue (senza, a dir la verità, scorno da parte di nessuno, ché diversamente da altri gruppi, gli R.E.M. hanno prodotto molto e miglior materiale per non entrare nella sindrome che colpisce chi azzecca una stra-hit: rimanerne ossessionati e intrappolati carriera natural durante) Losing My Religion, che, va detto, significa 'perdere la pazienza'. Niente crisi mistiche, cispiace, anche se la metà dei brani di Stipe è una crisi mistica, più o meno autistica.

Radio Song parte con arpeggi di cielo e augelli che, dopo una dichiarazione come the world is collapsing around our ears che non va equivocata, si trasformano in un incrocio fra James Brown e David Byrne, reginetti del funky per le masse. Fra chitarre allegrissime e organetti della domenica il messaggio è qualcosa di lontano a noi del 2008: si dice che i Dj della radio siano dei manipolatori che mandano le solite canzoni tristi ed emozio-a-nali alla radio in sequenza per, hm, far sentire male la gente (elenco di canzoni a cui si iscriverà, l'anno dopo, Everybody Hurts, altro pilone per i profani degli R.E.M., cfr. Alex Kapranos). In questa canzone compare tale KRS-One, un rappettaro dalla voce profonda e rotonda che c'entra come un prete a una festa di addio al celibato, ma alla fin fine fa calce.

Adunque, subito, Losing My Religion e il suo mandolino, negli anni numerosamente impiegato da Peter Buck, ma qui probabilmente nella sua versione migliore, alla pari di quello in Electrolite, dove però è comprimario. Come ormai saprete, i testi di Michael Stipe sono, di base, criptici e, anzi, per i primi due album le canzoni avevano parole in maggior parte casuali, “perché nei locali dove suonavamo le attrezzature erano così scassate che uno avrebbe potuto cantare qualsiasi cosa, non si capiva niente, allora sceglievo le parole per il suono che avevano”. Che se anche fosse una scusa, sarebbe una signora scusa, cari sbarbatielli. Ed è per questo che ogni canzone meriterebbe una pagina ciascuna, qui ci basti dire che l'immagine del tema generale è la chiusura in sé, o meglio, lo stare sulla soglia, contrastati all'interno.

Low segue, lenta, minimale, vagamente scolastica, ma a rileggere per bene il testo, segue i ritmi un amore andato male, a una persona con la stessa tempesta intracerebrale della canzone precedenza, ai limiti della patologia però. I skipped the part about love, declama il ritornello: una retrospettiva malata raccontata da soli ad alta voce, sopresi dal mattino ridendo, capelli bagnati e barba ruvida.
Near Wild Heaven comincia a riprendere il grande senso di agrestitudine che in Green era nato, in un duetto alla voce con Mike Mills, dove pare che non sian d'accordo su chi fa il primo, ma il terzo, ovvero noi, gode del risultato. Il ponte è ragguardevole, dove c'è il primo dei coretti “wussy” del disco, che procede col solito strumentale di -quasi- ogni disco dei REM: Endgame, di una gentilezza, di una cortesia, anche nel senso più etimologico del termine, immerso in un clima di miele da sembrar finto (scusatemi i pizzicati di violino!), come volutamente e polemicamente finto e burlesco -ma sempre con grazia- è quello di Shiny Happy People, citata anche nel documentario di Michael Moore Fahrenheit 9/11, nell'esatto spirito della canzone. Gold and silver shine, persone felici e splendenti si tengono per mano, evviva, tout va bien, cantano a turno Stipe, Mills e Kate Pierson, rossa cantantessa dei B52's. Il video merita di essere cercato: aranciata e cyclette per il vecchio nero. Obama se la ride, a proposito. [Errata corrige: ero veramente convinto che fosse un nero: in realtà non lo è! Era nera la ragazzina. Ma il concetto cambia di poco]

Belong è un grande (sì, grande!) capolavoro orrendamente misconosciuto, tanto che mi trovo anche in difficoltà a parlarne. Grandi cori monosillabici di liberazione, strofe sussurrate al megafono, schiocchi di dita, linee di basso impure, e un significato lirico emozio-politico di veramente molta rilevanza. Può anche essere visto come una romanticizzazione della caduta del Muro di Berlino.
Here's a scene: la canzone veramente più agreste e provinciale del mondo, ululato di un pastore errante nella notte della Georgia, accompagnato dalla luce del fuoco affianco, in una preghiera da macedonia di thymos, ben modulata per l'esterno, per un canto che non è solo d'amore: Half a World Away. Il ciclo emozionale si interrompe (ha! Beccatevi questo, djs!) con Texarkana, intreccio vocale Mills-Stipe che sarebbe stato meglio all'inizio dell'album, ancora una volta preponderante riff di basso. Texarkana è una città al confine fra Texas e Arkansas (che, president Bill docet, si pronunzia àrkanso).

La pausa è però ingannevole, poiché il pezzo seguente, un monumento di luna blu oltremare in una scadente prateria fatta di oggetti, elenchi, Bebelplatz dell'anima, arriva e si chiama Country Feedback, scandito da un quattroquarti che distrugge ogni speranza che l'ascoltatore abbia una scusa per far finta di niente e scamparla. Serie di immagini, ricordi, dolorosissimi postumi di una relazione iniziata non si sa come, ma finita tanto lentamente quanto male, dolore fisico e disillusione. It's crazy what you could have had. Si tratta della struttura chitarristica più imponente a livello emotivo di Peter Buck, che, udite udite, alla fine si concede perfino un assolo (che, come i non avvezzi avranno intuito, non è cosa usuale), tanto importante che la canzone stessa porta il titolo dell'effetto di chitarra usato durante di essa, pur lasciando l'ambiguità country/campagna e feedback/retroreazione (come il dizionario Sansoni dice). Il disco finisce però una cascata di d'aria buona: Me in Honey è una canzone in duetto con Kate Pierson, dotata di un riff semplice ed entusiasta. Si parla di paternità gioiosa, in risposta alla canzone dei B-52's, Eat for two, stesso argomento vista dall'altra parte.

Spet-ta-co-la-re versione di Country Feedback dal Dvd live Perfect Square. Se ne uscite indenni, bravi voi.

lunedì 10 novembre 2008

Four Tet- Rounds

[Repubblica(zione) di febbraio 2008]


Diario di otto giorni, due momenti e un nastro di seta rosa

Rounds.


Hands.

Un cuore un po' asistolico, o forse un carrello d'ovatta in galleria, a scelta: uno scoiattolo corre affannato intrappolato per le percussioni, a zampettate gentili. Acque e lapsus di foreste fanno strada a un claccippìo fra quei tronchi e le vostre mani- il tutto sempre a discrezione dell'uomo con la mano poco ferma sul nastro dello scorrimento. Tuffi e bacchette di legno chiaro, fino a un veloce allontanamento di visuale verticale verso l'alto fino a confondere tutti i materiali in una circolarità di passi e sguazzi.


She moves she.

Tacchi di piombo, thebends per tutti i me, al risveglio nel paesaggio ora secco. Addolcita, da un uomo con il fez vestito di righe, di sporco e di chiaro, avvicina con passo ortogonalmente perfetto nella sinuosità serpentesca essa donna. Irrompono terremoti interni, tendìne rigide e veloci a oscurare la vista, attacco. Ma è l'uomo in fez (chiedo scusa, aveva anche i baffi) che vi spiega che quei compensati intermittenti non sono altro che il passo di lei che agisce aritmicamente sul vostro dentro.

“No, me l'immaginavo con più datteri.”

“Ma chi? L'amore?”.


First thing.

Voce di globulo bianco in mano al DJ della piscina.


My angel rocks back and forth

Segheria industria, con la plastica si fanno i carillon: la vostra creatura alata preferita, capello etereo perfetto, salopette da operaio, luce a profusione coordina, avanti e indrè.

Ogni cosa ha il suo peccato sublime e piacevole: un sacchetto di angoscia riaffiora e anzi sottolinea, implacabile, il vostro angelo, peggio di un ragazzo con la tamburina. La melodia gira ciclicamente sulle rotaie fino a perdere senso e finire l'angoscia in una sillaba di luce.


Spirit fingers.

Isteria cerebrale, industriale circolo di pizzichi e stock. Il vostro anulare destro continua a battere insistito, mentre tutto il resto vi accade dentro, ma all'esterno. Fra pioggia di ghiaccio atermico e nervi fosforescenti si fa presto a fare confusione.


Unspoken.

Fiu, respira. Martellano, di là, lo so. Ma sono gentili, ora- non senti le farfalle che con rapidità e solidità d'orsi compongono una danza? Ordinata e acquosa come un ballo d'altri tempi, a testa bassa e grazia nelle mani, unite. Quando ti affacci si levano, dirette, fulminee solo nella forma, verso il cielo acromo dalla tanta luce e nuvola. Si allontanano, vedi, ma le figure che disegnano sono più marroni e rosa che altro. Giunge, fin qui!, e illumina un nascondiglio di vita, che spruzza disordinato fuori. Sciame di belati, coreografie di purezza e fango, tripudio virgiliano. Fin troppo, ci vuole un ulteriore cerchio aereo di raccoglimento, ti riporto dietro la tenda, piccolo.

Api più garbate, ora.


Chia.

Un africano fuori luogo come un centrotavola nello scaffale sbagliato.


As serious as your life.

Gran ricevimento alla tavola del maragià. Si sprecano le portate e le ballerine, i musicanti d'ogni parte del mondo, in un surround ante litteram. Offerte di pasci, tavole, e lo stesso sorriso che ciclico si ripresenta, ripetendo la stessa frase di viola garbato e rosa un po' shock.

I battiti di mani degli invitati invitati a tenere il tempo si confondono con baci e mascelle. La cassetta tende a incrinarsi, ma si ripete, pur attraverso catodicità non contemplate. Il maragià si fa sempre più grasso e isterico, fino a implodere del e sul suo stesso convito (se non altro spazzando via tutte le briciole).


And they all look broken hearted.

Un jazzista guidato dal trombo che porta nell'aorta, dà testate su testate a un muro di cuoio, che per tutta risposta gli fornisce un sottofondo di bassezza morale- garbata da fare il baciamano, però.

Arpeggia, insiste, sbrànghetebumbùm, fino a -momento!- giungere a un'aria finale epica e decadente al tempo insieme, come una cassetta di un vecchio film, bianchennero, inserita direttamente in un lettore Dvd: con gli errori e le perdite nel tragitto, gli aggiornamenti del caso, i loop a spirale, le memorie oculari e un crescendo nato dall'umano e morto nel divino.

Esita ancora più forte, e a metà fra l'autocommiserazione e la sacralità della forma, ripete, convinto che questo possa ammorbidire alcunché, polpastrelli sanguinanti.


Slow jam.

Tutto alla fine torna: una boccata fuori dal liquido amniotico digitale, una spruzzata di collutorio e confusioni auricolari, distesi, senza cognizione dei corpi, sul più morbido dei tappeti.

Ma questo non è amore di contemplazione, certo, è divino quanto questi xilofoni e interfoni suonati improvvisati e perfetti, ma è azione: è la tessera di Perec, è l'errore che ha fatto nascere l'universo, è l'imprevedibile fra la confusione del perfetto. E' un pupazzo di quelli di plastica da schiacciare, per l'apposito rumorino.

Su canoe in fiumi di cartapesta e the puro scorriamo controcorrente, ogni onda ci dice dove andare, ansiogene come un'indicazione così chiara da essere sbagliata. Si scende, l'acqua diventa nera o asciutta, a scelta dell'acquirente. I due mondi come hanno iniziato tornano a prendere coscienza l'uno dell'altro.


*

Rounds è un album, l'autore è Four Tet, meglio conosciuto presso gli impiegati dell'anagrafe di Londra come Keiran Hebden, come si nota dai piedi l'origine è iraniana. Fa musica elettronica, l'album è del 2003, questo è un breve scritto di getto, condensato di sensazioni che il disco in questione mi ha suggerito. (Tenete conto che sono sotto farmaci). La posologia per questo estratto è, ovviamente, di procurarsi perlomeno l'ascolto del disco in questione e leggere, confrontare con le proprie sensazioni e, se il sintomo persiste, rimanere estasiati.


Filippo Batisti (con la collaborazione del lansoprazolo)

martedì 28 ottobre 2008

gnè gnè.
pop porno.





Guardate più South Park e ascoltate:

Philip Glass - Glassworks
Adorable - Against Perfection
Apparat - Walls
Massimo Volume - Club Privè


byez.


(chiunque abbia messo quell'orrido coniglio sarà presto punito in nome della divina giustizia.)

domenica 31 agosto 2008

Du du, dududududu dududu

felice

The White Stripes : The Air Near My Fingers



così così

Adorable : Homeboy



triste tipo quando piove.

Patrick Wolf : This Weather



claxoniani presto si riprende a lavorare!
(comunque Laura e Filippo referenti un paio di palle io sono la più riferita di tutti!)

domenica 1 giugno 2008

Meno Disco Più Pax

Offlaga Disco Pax- Bachelite (2007)

Un mio amico mentre si ascoltava questo secondo disco degli Offlaga a casa sua, fra la ricerca del divino in un Delta e l'elogio dei baffi di Ruffini, ha pronunciato una frase nella sua [in]genui[ni]tà vera come una legge di Mendel: “Sembrano molto i Lunapop.”

...Prego?

“Sì, rispetto all'altro disco le musiche mi sembrano molto più nananà”.

All'inizio avevo accartocciato questa considerazione fra le tante bagatelle che il mio amico spesso sintetizza oralmente, anche perché fatta dopo un ascolto collettivo distratto a un volume che a malapena faceva vibrare l'aria. Ma come ogni grande motto, mi si è rivelato solo un paio di giorni dopo, nel caos dell'ipermercato. Ebbene, meditando, rimuginando e andando a fare il bollino blu ai recettori cocleari, riascolto. E, urca, l'amico ci aveva ragione, e come ci aveva ragione!

Metodo, melodia, miele: di questo è composta la Bachelite prodotta a Cavriago (RE). Con ordine: l'arte degli Offlaga è un matrimonio fra parole e musica. Gran banalità, va da sé, ma chi li ha ascoltati capisce di cosa ciancio: il parlato, recitato più che altro, di Massimo Collini è essenzialmente alieno alla musica che ci ascoltiamo accanto, essa è un tappeto su cui egli ricama in altro materiale, in altra densità, autonomamente. A essere industriali, il rumore di una città, di minuti di vite in posti significativi di decadenza su cui un uomo di barba e capelli con del tempo libero proclama leggendo dal suo foglio scritto al computer, rincorrendo sulla sua Golf la band ogni volta, che va per i fatti suoi.

Bachelite, si diceva. Dove è finita la drum machine a 16 KHz che a ogni colpo ci martellava, vera iscrittrice del ritmo standardizzatamente folle della vita a metà fra sogni intra-ideologici e oggettività sporca e secca che sono le storie di Collini. La drummachine c'è, ancora, ovviamente; già di per sé meno acida, se prodotta in bachelite ha ancora meno ragione di stupire, non più parte integrante e implacabile antagonista accettata per necessità, ma ancella di un suono più pieno, più pastoso. Ma liscio, come il liquido quasi blu che trovi nelle palline con la neve e i monumenti: va giù leggero in gola.

Fra le prove tecniche e la copertina che da biancamente bambinaia diventa strutturata e nera -ma mai senza il tocco di soviet vintage!- corre una differenza di approccio, o meglio di sensazione di partenza: Socialismo Tascabile ha tutta una rabbia di fondo, o in generale, sentimenti negativi. Anche Robespierre, la canzone simbolo, che come spesso accade per le canzoni simbolo è la meno rappresentativa dell'album, è una parata di decadenze nostalgica (auto)ironica, nonostante il ritmo sostenuto e la busseria assurda. Bachelite è invece più una cronaca, piattamente critica. Sensibile non ha la stessa verve di assalto all'arma rossa di Tatranky; Fermo! è un altare di sole e nebbia, docile e pieno, invertebrato come il suo protagonista. Onomastica, paragonata e assimilata parallelamente a Robespierre, è alla fine il pezzo più incazzato del lotto. Ma non ha niente di Socialismo Tascabile, è più forma che altro. Eccoci qua, Bachelite, più forma che materiale. Non che manchi la sostanza, ma a 'sto giro passa in secondo piano, esclusa forse la magistrale, vero capolavoro del disco, insieme e forse meno di Ventiminuti (che però ha avuto il suo bel predecessore parallelo in Defonseca), è Cioccolato IACP. Ah, dice che era stata scritta prima di tutte le altre, al tempo del primo album? Qualcosa si spiega. Manca poi la ciliegina! : l'ermetismo di Enver, una poesia elettrica, pura e sensoriale. Invece la plastica rossa delle radio (la bachelite serviva anche a questo) ha una nuova tipologia di racconto Disco Paxiano: Ventrale, un racconto di ideologia e iconografia ufficiale sbiadita dal sudore, rosa, in bianco e nero, vivida come gli uomini in pantaloncini che abitano le menti di ogni appassionato di sport minori (questa sì che sa di Robespierre, altrochè). Manca Khmer Rossa, il cui corrispettivo è probabilmente Cioccolato IACP, se non altro come argomento, a pensarci può anche andar bene così.

Insomma, due album paralleli e tangenti, ramificati su iperboli discendenti, a volte.

Ai primi ascolti avevo apprezzato il cambiamento di strumentazione (o meglio del suo uso, anche perché con una tastiera ormai puoi anche remixare il genoma umano): una cosa, durante i riascolti post-illuminazione-by-Cesare-Cremonini, che però me lo ha fatto scadere è stato constatare una, almeno per me, almeno in quel momento, somiglianza col disco dei My Awesome Mixtape, nella strumentazione elettronica, appunto. Ma piano, probabile che tutto questo sia dovuto alla mia poca esperienza di questo tipo di musica elettronica.

Tornerò ad ascoltare altri dischi, a casa del mio amico.

domenica 25 maggio 2008

compilation Local Support

Signori e signori con il prossimo numero di Claxon sarà allegato un "inserto" mooolto speciale. So che i numerosi lettori di questo blog staranno già tentando di indovinare di cosa si tratta mentre i meno numerosi lettori intelligenti di questo blog avranno letto il titolo del post e non avranno bisogno di immaginare. Comunque stiamo parlando dell'attesissima compilation della rubrica claxoniana Local support, che comprenderà tutti i gruppi supportati finora (Sushi bar, Goodbye cydonia, My awesome mixtape etc) più il meglio delle band emergenti di Bologna e dintorni. E' ancora in atto la ricerca di nuovi talenti da includere in questo cd, quindi siete ancora in tempo a farvi vivi all'indirizzo ducksidioteque@yahoo.it per proporre una vostra canzone da inserire. Ma attenzione: entro lunedì 2 giugno!

venerdì 16 maggio 2008

Monster - R.E.M.

Brani dispari_ Francesca Baudoni
Brani pari_ Filippo Batisti

Monster_R.E.M. _(1994)


1_What's the frequency, Kenneth?
Lo descriveresti così, un fulmine che ti sveglia la notte; di quelli che ti rimane un po' di tachicardia per qualche minuto, e sei stordito e non sai cosa pensare. Poi c'è la sua voce, la riconosci subito, è come la pioggia, quindi capisci, sei nella tempesta.
Così comincia un disco che fai fatica a dimenticare. La prima canzone non sono è un colpo al cuore, ma è anche ispirata all'assurda storia di Dan Rather, anchorman, assalito da due personaggi non meglio identificati che ripetevano "What's the frequency, Kenneth?". Aggressione inspiegabile. Si decide di parlare di una denuncia, i media che parlano di ciò che non conoscono. Così non può andare. (Socrate sarebbe stato d'accordo).
"qual è la frequenza Kenneth?" è la tua benzidrina,
ero cerebroleso, chiuso fuori, insensibile, non abbastanza veloce
pensavo di averti classificato come un sogno da idiota
visione da tunnel dallo schermo di un outsider
non ho mai capito la frequenza,
tu idossavi le tue aspettative come un'armatura

2_Crush with the eyeliner

Alla seconda chitarra Thurston Moore dei Sonic Youth, mica fave e giuggiole!
L'amore è un gioco, un gioco di parti. Ma noi siamo adolescenti, quindi prendiamoci sul serio. Un po' di trucco sotto gli occhi, una maschera, espressioni roboantemente autostradali (a metà fra Kerouac e i fratelli Benetton). Sono cotto marcio, sono un ibrido, come Charlie Brown ti voglio come valentina, come Frankenstein ho bisogno di una mentina- ho il bacio all'acquaragia, baby.
Il carisma lo vendono in Montagnola (non pensate male), la visione della mia realtà è distorta quasi quanto quel delay, sulle mie Gazzelle scrivo frasi estrapolate dal contesto, tanto il nuovo polo sono io. E questi daini li cavalco, ohsì, my kingdom for a crown.
Siamo tutti dei fantocci, che faccio?, l'amore è un teatro, i costumi non mancano, è il copione che fa acqua: seppellisci tutto sotto un chilo di rimmel, alla faccia di De Gregori, perché se questo tendone arancione cede e cade non voglio che mi si spettinino i Ray-Ban.

3_King of Comedy
Come trasformare una voce improvvisamente, come renderla roca: come crearsi un personaggio ma essere sempre sé stessi, perché lui no, lui non è il re della commedia. Ma non è neanche la tua rivista, né la tua televisione.
Il coro femminile allarga la prospettiva: ti accorgi che sta parlando di se', sì, ma dentro in fondo ci sei anche tu, ci siamo tutti, perché lo vedi, c'è sempre qualcuno pronto a fare i soldi, a farli da giovane e a farli girare in fretta.
No, lui (e tu) non è merce.


4_I don't sleep I dream
E se no che sarebbero i REM a fare?
Siamo in due, abitiamo due mondi diversi, viviamo su un tappeto di piumoni, fingerpicking e cuscini. Siamo in due, ho il mio mondo e mi ci tuffo, nei lenzuoli; da te ogni tanto ci passo, ma giusto il tempo d'un café (devi capire che è uno sforzo, stare sveglio per te) perché devo tornare sotto a respirare.
Interludi[c]o: minchia, qui altro che Freud!
Tu ci riesci a seguirmi, e ti piace anche. Non è facile, sai, sbracciare così profondo per starmi dietro e essermi compagno làssòtto. Il mio è un grande acquario, sviluppato verso l'alto, largo quanto lo è la mia fronte: bisogna stare immobili per entrarvi e bisogna farsi luce per trovare l'interruttore della gravità. Tu sai farlo, pesciolina, solo che io ho le branchie, tu la bombola.

5_Star 69
E' quasi un ballo, senti di più il ritmo, tutto prende un movimento caotico e rivoluzionario, tutto ruota e ti sembra di essere in mezzo alla folla.
Star 69 è asterisco 69, è ciò che digiti per richiamare il numero che ti ha cercato: perché non hai voglia di farti fottere, ed è chiaro che è stato lui a chiamarti, che l'ha combinata grossa, non si sa perché, né come, né quando, ma sicuramente non bisogna certo essere geni per capire che ciò che ha fatto è roba da imbecilli.
Tutto finisce e l'arcano non l'hai risolto, la folla cessa di muoverti, e aspetti l'inizio della prossima canzone.

6_Strange Currencies

Musicalmente, i Nostri riprendono la lezione di Everybody Hurts, uscita due anni prima e tuttora la loro più grossa hit, insieme a Losing My Religion. Ascoltiamo, dunque.
Gli altari della giovinezza sono alti, ma sotto il limite di legge per essere considerati montagne; sono assoluti, ma troppo trascendenti per poter essere veri saecula saeculorum; gli amori della giovinezza sono eterni tanto quanto quella età, sono più parole che pasta, sono un urlo silenzioso, costretto sotto massi in gola: un urlo che fluisce solo attraverso un penna, una matita, un otturatore (gli amori della giovinezza sono pagine e pagine e pagine!), un urlo che quando si trova liberato e libero si accorge di aver perduto l'uso della parola. Una lince nata e cresciuta in cattività che quando aprono la gabbia scopre di non sapere dove graffiare e cosa urlare al suo custode. La giovinezza raccoglie antologie di amori come favole: mostri strani, torri valicabili, chiavi dimenticate e papiri disegnati con la bic. Gesti accennati come incontrollabili incantesimi eseguiti, occasioni cercate quanto sprecate consapevolmente: ci si trova in tasca strane monete, e il cambio col dollaro non è comunque mai favorevole.

7_Tongue
Questa volta tutto prende un aspetto più melodico, senti il piano, senti il pain che piano si avvicina. Le ragazze brutte scopano per arrivare al successo, non è triste? Le ragazze brutte sanno qual è il loro destino. E' tutto più lento, visto da qua, ti dimentichi di tutto quello che è successo prima, e per la prima volta senti qualcosa di più strettamente personale. Qualcosa si è rotto, qualcosa non può tornare indietro, bisogna rompere col presente, bisogna rincorrersi e pentirsi.
E' una questione di perdere, di aver perso, è una questione di aver voglia di stare da soli, e tutto finisce così, con un you turn all over / it pains me / please just leave it. Please just leave it.


8_Bang and Blame

Bang bang/ my baby shot me down/ bang bang, siamo una coppia da copertina, per come ci vedono da fuori e come ci vediamo allo specchio: occhiali da sole, una maglia a maniche larghe e il passo spedito. Ci baciamo come pochi, i nostri pomeriggi in camera tua sono da leggenda metropolitana. Anzi, troppo. Ma più che altro non va bene che le copertine lucide di stampa escano da quella stanza. Idoli sì, ma fra di noi. Perché ognuno deve sapere che mi sbatti e come facciamo? Non mi piace e basta che la smetti subito, che io ci metto un attimo a tornare sulla mia strada; fai troppo casino, bimba mia, non va bene: abbiamo chiuso. Me ne vado, ora.
Ma tu continui a saltarmi addosso, non smetti di sfregarti ...e io come faccio a spingerti via? Ma chi me lo fa fare, alla fine?
Sigarette e the alla pesca.

9_I took your name
C'è quasi rabbia, c'è che ormai non hanno più voglia di ballare, o forse non hanno più voglia di sentirsi arrabbiati col mondo. Perché ancora una volta qualcosa è finito, c'è grande confusione, e d'altro canto chi lo può negare? E d'altro canto, chi sa di chi è la colpa?
La monotonia di una voce che si rende quasi ossessione, il ritmo incalzante, le voci distanti, tutto più denso ma più lontano. Ormai tutto è fatto, dopo aver cancellato nomi, segnato destini, premuti pulsanti, c'è quasi rabbia, if there is some confusion / Who's to blame?

10_Let me in

Stelle gocciolano come burro. E non stiamo parlando dei pan di stelle; di Kurt Cobain, idolo fin troppo consapevole di inconsapevoli numerose generazioni (prof. Furio docet).
Due occhioni blu come i suoi, non li aveva nisciuno, signor mio, in una mano un biancospino, nell'altra il fucile a doppia canna.
Francesco Bianconi inforca gli occhiali di Prada bianchi e legge Baudelaire- un gabbiano biondo, incatramato ha solo otto vie per raggiungere quelle stelle di cui è sporco, oltre che impestato di pece, ali impedite al volo: stavolta però ha preferito lasciarci lo strato di squame terreno. Un'ultima apostrofe gentile come la barba al tatto (non contropelo, ovviamente): potente, modulato, di un'ottava di troppo.
Alla prossima, Kurt.


11_Circus Envy
Rumori, battiti, here comes that awful feeling again, welcome the ugly animal. E' l'animale, è quello che cercavamo sin dall'inizio, è l'animale che si nasconde dentro qualche antro buio, è monster. Quasi un principio animista.
Come è arrivato? Forse perché sono stato io a sbagliare, ho rovinato tutto. O forse no. Forse è stato lui, forse sei stata tu. Forse perché tu sei meschina, perchè ti sei comportata male, perchè hai rovinato tutto. Perché stuzzichi, perchè provochi, Do you smell jealousy?
E' quello che nasce quando non controlli, quando non hai comando.

12_You

Stipe era già/ancora in fase rauca stile Fausto Leali, e qui la voce non solo è ruvida come la ghiaia del cortile del cortile sulle ginocchia di un bambino, ma sembra quasi che abbia un timbro diverso, più alto. Un testo flusso di memoria, che sa tanto di I Remember California, da Green, di cinque anni precedente. Solo che stavolta non c'erano foglie rosse e imbottigliamenti stradali, ma le labbra di una Lesbia dei poveri, lingue, labbra ovunque! Ritmo da luce intermittente rossa e retinata
Cose, tante cose, quasi un elenco di Perec, cicles, falene, cocomeri, oroscopi: ma l'importante è che mi baci, ragazza mia. C'è troppa saliva per essere nichilisti.

mercoledì 26 marzo 2008

BerlinMusik

    BerlinMusik



Compilation di canzoni che c'entrano, in un modo o nell'altro, con la città di Berlino.
Molti, tra cui noi, ci andranno in gita.

Questi si aprono con WinRAR, scaricabile gratis in versione di prova http://www.winrar.it/ (andate su Prelievo) [ma se avete WinZip, provate con quello, credo che vada]

http://www.fileden.com/files/2007/6/27/1217601/BERLINO1.rar
http://www.fileden.com/files/2007/6/27/1217601/BERLINO2.rar

Questo è in Zip, versione unificata, se può cambiare qualcosa.

http://www.fileden.com/files/2007/6/27/1217601/BERLINOzip.zip

Questo il 'libretto' di presentazione, con la tracklist.

http://www.fileden.com/files/2007/6/27/1217601/Berlinmusik.pdf

domenica 23 marzo 2008

numero uno (della mia serie, almeno)

Ieri sono stata al mio primo, vero, attesissimo, ufficiale Raduno Modernista Italiano nella ridente località balneare di Rimini. Come ha osservato la mia amica e fedele accompagnatrice Francesca, un conto è vedere due o tre parka ad un Banalissimo Allnighter Del Covo; vederne cinquanta tutti insieme fuori dal Prescelto Punto Di Ritrovo è decisamente un'altra cosa, un bel colpo d'occhio. E' un evento emozionante e di portata cosmica, in effetti: è accorgersi di superare il numero dei piumini argentati dei normali passanti, è essere in maggioranza, per una volta. Nella sala d'attesa della stazione, sulla via del ritorno, oltre ai sogni di gloria e alle speranze adolescenziali, mi è venuta questa specie di idea, un po' come ai Blues Brothers che entrando in chiesa scoprono di essere in missione per conto di Dio. Ho pensato Perchè non fare un po' di informazione, e magari trovare qualche seguace, eccetera eccetera? Ecco il mio proposito pasquale: cercherò, d'ora in poi, di dedicare i miei post alla diffusione del Fantastico Mondo Del Modernismo, almeno per le parti che mi sono più familiari. Fatemi sapere cosa ne pensate. Si parte?
anna

sabato 23 febbraio 2008

Consigli spicci per gli acquisti

Devo ancora finire di ascoltarlo, ma devo parlarvi di Amen, ultimo disco dei Baustelle.
Molti li odiano, per i più diversi motivi, dicono che sono fasci (perchè poi? mof..), dicono che è puro sfoggio superficiale di cultura sommaria, che nei ritornelli banalizzano il senso della strofa.
Ma molti fanno gli snob, forse hanno paura, di provare a mettere in moto il pensiero critico, a fronte di una provocazione nascosta e garbata come un calcio nello stinco sotto il tavolo a cena dall'Ambasciatore, occhio glaciale, sorriso piombato sulla medesima frequenza: tu però senti male, e non puoi fare a meno di guardare l'uomo di fronte che ti ha appena calciato privatamente. E lui guarda te, fisso: un muro di diamante, duro, ma le onde ci passano attraverso riflesse e amplificate.
Ma un calcio non è messaggio preciso, non è un proclama, non è un comizio in piazza, non è un trattato o un saggio, non è un programma di governo: un calcio, di per sè, non significa proprio niente.
Il calcio non ti dice cosa è sbagliato, non ti dice cosa fare, non ti dice per chi votare, non indica. Ti dice solo "Filippo, qualcosa non va, in te, me e noi". (Oùte légei oùte kryptei, allà semàinei, diceva Eraclito.)
A quel punto, incredulo per la botta e costretto all'immobilità dalla mancanza di alternative d'azione e dal bon ton, non ti resta altro che pensare. Cosa mi vuole dire? Di chi parla? Anche io sono fra questi? E' vero quello che dice? Io lo vedo quello che racconta? Io ne faccio parte?

Il concetto è, se proprio non volete spendere 19,90, procuratevelo, anche da me, vi faccio la copia. Lo getterete nella raccolta differenziata tri-angolare che distingue la vostra classe, ma bisogna ascoltarlo. E' necessario vivere/Bisogna scrivere/Verso l'ignoto tendere.


----Sensibilità di un primo ascolto, che è una bestiola docile e pelosa, ma di peli appuntiti, prenderlo in mano è difficile----

Mk.

domenica 27 gennaio 2008

Sushi Bar



non essendo tecnologica come voi, non so copiare filmati nè mp3 sul blog quindi mi limito a linkarvi il myspace dei sushi bar, ultimo gruppo recensito da local support.
http://profile.myspace.com/index.cfm?fuseaction=user.viewprofile&friendID=161615551

venerdì 25 gennaio 2008

a caso ma ragionate

mi lancerò anch'io in quest'avventura delle canzoni (o della canzone?) del giorno. per ora lascio qualche cagatina tututù tatatà -oggi ho in mente canzoni italiane a dir poco oscene, ma non le citerò più, promesso.

  • Joanna Newsom - Emily
  • Moltheni - Bue

chicca


Harder Than You Think

Canzone del weekend

Public Enemy- Harder Than You Think

Poche semplici righe effettive, semplici come macigni e poche infagottate sotto montagne di yo, brother, yo know what im sayin e intercalari variegati: live, love life like you just don't care.
Chuck D, attivista politico, quasi intellettuale, omino in carne ma normotipo, oltre che rimatore-capo è la parte più istituzionale dei PE, contraltare a Flavor Flav, lo smilzo occhiofolle e nerocchialuto che si presenta, nella migliore tradizione bianconigliesca, con un grosso orologio appeso al collo; a volte sono un po' il serio e lo scemo, una sorta di Max Pezzali e Mauro Repetto ai primi tempi.
You don't stand for something, you fall for anything. Sì, sono gli stessi di Fight the Power, ma da questo deriva responsabilità, non sbaraglio cerebroperso, con valori gangsta di millenni fa.
Sì, sono gli stessi PE di 20 anni fa, venti, ma non sono i Jagger dell'hip hop: rughe certo, ma sul nero si vedono meno.
Alzarsi, impugnare il cuore, azionare la manovella in testa, lottare: è più difficile di quel che pensi, già, ma it's still a beautiful thing.

Tentattivamento

Ebbene sì:

Tritone -Tuxedomoon

Janitor of lunacy - Nico

Valium Tavor Serenase - CCCP

She's lost control - Joy Division

Sex beat - Two Lone Swordmen (cover dai Gun Club)

I remember - Suicide





A caso, ma assassine.