-CLAXON-

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microwaves, la rubrica di musica

lunedì 10 novembre 2008

Four Tet- Rounds

[Repubblica(zione) di febbraio 2008]


Diario di otto giorni, due momenti e un nastro di seta rosa

Rounds.


Hands.

Un cuore un po' asistolico, o forse un carrello d'ovatta in galleria, a scelta: uno scoiattolo corre affannato intrappolato per le percussioni, a zampettate gentili. Acque e lapsus di foreste fanno strada a un claccippìo fra quei tronchi e le vostre mani- il tutto sempre a discrezione dell'uomo con la mano poco ferma sul nastro dello scorrimento. Tuffi e bacchette di legno chiaro, fino a un veloce allontanamento di visuale verticale verso l'alto fino a confondere tutti i materiali in una circolarità di passi e sguazzi.


She moves she.

Tacchi di piombo, thebends per tutti i me, al risveglio nel paesaggio ora secco. Addolcita, da un uomo con il fez vestito di righe, di sporco e di chiaro, avvicina con passo ortogonalmente perfetto nella sinuosità serpentesca essa donna. Irrompono terremoti interni, tendìne rigide e veloci a oscurare la vista, attacco. Ma è l'uomo in fez (chiedo scusa, aveva anche i baffi) che vi spiega che quei compensati intermittenti non sono altro che il passo di lei che agisce aritmicamente sul vostro dentro.

“No, me l'immaginavo con più datteri.”

“Ma chi? L'amore?”.


First thing.

Voce di globulo bianco in mano al DJ della piscina.


My angel rocks back and forth

Segheria industria, con la plastica si fanno i carillon: la vostra creatura alata preferita, capello etereo perfetto, salopette da operaio, luce a profusione coordina, avanti e indrè.

Ogni cosa ha il suo peccato sublime e piacevole: un sacchetto di angoscia riaffiora e anzi sottolinea, implacabile, il vostro angelo, peggio di un ragazzo con la tamburina. La melodia gira ciclicamente sulle rotaie fino a perdere senso e finire l'angoscia in una sillaba di luce.


Spirit fingers.

Isteria cerebrale, industriale circolo di pizzichi e stock. Il vostro anulare destro continua a battere insistito, mentre tutto il resto vi accade dentro, ma all'esterno. Fra pioggia di ghiaccio atermico e nervi fosforescenti si fa presto a fare confusione.


Unspoken.

Fiu, respira. Martellano, di là, lo so. Ma sono gentili, ora- non senti le farfalle che con rapidità e solidità d'orsi compongono una danza? Ordinata e acquosa come un ballo d'altri tempi, a testa bassa e grazia nelle mani, unite. Quando ti affacci si levano, dirette, fulminee solo nella forma, verso il cielo acromo dalla tanta luce e nuvola. Si allontanano, vedi, ma le figure che disegnano sono più marroni e rosa che altro. Giunge, fin qui!, e illumina un nascondiglio di vita, che spruzza disordinato fuori. Sciame di belati, coreografie di purezza e fango, tripudio virgiliano. Fin troppo, ci vuole un ulteriore cerchio aereo di raccoglimento, ti riporto dietro la tenda, piccolo.

Api più garbate, ora.


Chia.

Un africano fuori luogo come un centrotavola nello scaffale sbagliato.


As serious as your life.

Gran ricevimento alla tavola del maragià. Si sprecano le portate e le ballerine, i musicanti d'ogni parte del mondo, in un surround ante litteram. Offerte di pasci, tavole, e lo stesso sorriso che ciclico si ripresenta, ripetendo la stessa frase di viola garbato e rosa un po' shock.

I battiti di mani degli invitati invitati a tenere il tempo si confondono con baci e mascelle. La cassetta tende a incrinarsi, ma si ripete, pur attraverso catodicità non contemplate. Il maragià si fa sempre più grasso e isterico, fino a implodere del e sul suo stesso convito (se non altro spazzando via tutte le briciole).


And they all look broken hearted.

Un jazzista guidato dal trombo che porta nell'aorta, dà testate su testate a un muro di cuoio, che per tutta risposta gli fornisce un sottofondo di bassezza morale- garbata da fare il baciamano, però.

Arpeggia, insiste, sbrànghetebumbùm, fino a -momento!- giungere a un'aria finale epica e decadente al tempo insieme, come una cassetta di un vecchio film, bianchennero, inserita direttamente in un lettore Dvd: con gli errori e le perdite nel tragitto, gli aggiornamenti del caso, i loop a spirale, le memorie oculari e un crescendo nato dall'umano e morto nel divino.

Esita ancora più forte, e a metà fra l'autocommiserazione e la sacralità della forma, ripete, convinto che questo possa ammorbidire alcunché, polpastrelli sanguinanti.


Slow jam.

Tutto alla fine torna: una boccata fuori dal liquido amniotico digitale, una spruzzata di collutorio e confusioni auricolari, distesi, senza cognizione dei corpi, sul più morbido dei tappeti.

Ma questo non è amore di contemplazione, certo, è divino quanto questi xilofoni e interfoni suonati improvvisati e perfetti, ma è azione: è la tessera di Perec, è l'errore che ha fatto nascere l'universo, è l'imprevedibile fra la confusione del perfetto. E' un pupazzo di quelli di plastica da schiacciare, per l'apposito rumorino.

Su canoe in fiumi di cartapesta e the puro scorriamo controcorrente, ogni onda ci dice dove andare, ansiogene come un'indicazione così chiara da essere sbagliata. Si scende, l'acqua diventa nera o asciutta, a scelta dell'acquirente. I due mondi come hanno iniziato tornano a prendere coscienza l'uno dell'altro.


*

Rounds è un album, l'autore è Four Tet, meglio conosciuto presso gli impiegati dell'anagrafe di Londra come Keiran Hebden, come si nota dai piedi l'origine è iraniana. Fa musica elettronica, l'album è del 2003, questo è un breve scritto di getto, condensato di sensazioni che il disco in questione mi ha suggerito. (Tenete conto che sono sotto farmaci). La posologia per questo estratto è, ovviamente, di procurarsi perlomeno l'ascolto del disco in questione e leggere, confrontare con le proprie sensazioni e, se il sintomo persiste, rimanere estasiati.


Filippo Batisti (con la collaborazione del lansoprazolo)

2 commenti:

f. ha detto...

four teeeeeeeeeeet <3
bravo il mio fil

Marknopfler ha detto...

bella la chicca che se ne accorge dopo quei 10 mesi!
ahr ahr, bacino kikkino